Trame di un quartiere

Pratiche e narrazioni per ricostruire un diritto alla città

Vincenzo Luca Lo Re

PhD Student in Urban Studies Dicea Università Sapienza Roma

Table of Contents

Il quartiere e le sue trame: storie, spazi e intrecci
Abitare la città: dalla narrazione alla trasformazione degli spazi
Conoscenza e azione nelle pratiche di cambiamento urbano
Bibliografia

Abstract. This contribution analyses the process of empowerment and collective engagement which is taking place in San Berillo’s neighbourhood in Catania, Sicily, as a result of the project named Trame di quartiere. Since 2015, this project has been proposed various social and cultural activities for involving inhabitants in the reshaping of abandoned spaces in their urban area. The project indeed aims to create new relationships between the “city of stone” and citizens, by definingan enabling space where cultural values, social practices and meanings produce a communitarian and incremental form of urban planning using a bottom up approach. The association Trame di quartiere connects research such as community mapping, oral history, participant observation and video documentation with action in the same manner with co-design, social aggregation in order to encourage material and immaterial space-making strategies and to strength the cooperative relationship among inhabitants. The tools and approaches used in the project are based on the idea that a public dimension of anthropology may have an effect on the neighbourhood. The cultural inheritance of local communities represents a way of regeneration in which forms of participation and empowerment respond to the needs of creating a process which leads to an individual and collective development. The activities carried out by inhabitants such as “Vai Via” and “Narrazioni di quartiere” represent a specific material and a symbolic resource for an inclusive urban project.

Il quartiere e le sue trame: storie, spazi e intrecci

La città rappresenta un’articolazione complessa di spazi e persone, di tensioni e aspirazioni che, con particolare riferimento alla sua dimensione contemporanea, coinvolge in modo trasversale sia diversi approcci di ricerca, sia diversi strumenti di progettazione e di intervento. Da un lato le riflessioni sulla crisi del “piano urbanistico” e delle logiche pervasive incentrate sulla ricerca della “efficienza” pongono in rilievo l’importanza di definire strumenti di ascolto, osservazione e interpretazione delle realtà urbane che producano rappresentazioni dello spazio come multidimensionale e poliedrico (Scandurra 1997). Dall’altro lato, nel campo degli studi antropologici, si afferma una visione della città e dei suoi spazi non come contenitore indifferenziato ed omogeneo, né come astrazione geometrica (Signorelli 1996), ma come unità d’analisi che metta in evidenza grappoli relazionali significativi, un’idea di città nella sua globalità (Hannerz 2001).

All’interno di questo approccio critico alla città e alle sue problematiche, si colloca il lavoro che l’associazione Trame di quartiere ha avviato nel 2015[1] nel contesto del quartiere di San Berillo di Catania. Attraverso un intreccio costante di ricerca e azione le attività di Trame di quartiere hanno affrontato il tema del riuso di immobili abbandonati e di aree non utilizzate come occasione di attivazione sociale e di coinvolgimento pubblico. Il lavoro di conoscenza e animazione territoriale realizzato in questo percorso ha l’obbiettivo di rafforzare le relazioni cooperative tra i soggetti che abitano e operano in un contesto territoriale e di avviare un’esperienza di co-progettazione collettiva degli spazi dismessi. Partendo da queste premesse, in questa sede si tenterà di analizzare la sperimentazione operativa avviata da Trame di quartiere, che promuove da un lato un approccio critico alla rigenerazione urbana intesa come normalizzazione e omogeneizzazione di spazi considerati degradati o informali, dall’altro la costruzione di processi di trasformazione che abilitano le storie e le pratiche spaziali di chi abita la città. Gli spazi abbandonati possono funzionare da magnete di energie sociali presenti nel territorio, potenziando le capacità progettuali che gli abitanti riproducono nelle forme di uso della città e nelle relazioni di prossimità. L’idea di Trame di quartiere si lega alla possibilità di nuove forme di sviluppo del territorio che prendano le mosse dallo studio del contesto e dall’intreccio dei diversi elementi che lo compongono: spaziali, economici o culturali. La questione centrale è la relazione esistente tra le esigenze di rigenerare aree urbane con strutture abbandonate o dismesse e la necessità di proporre schemi di azione nuovi, capaci di affrontare le problematiche sociali che emergono come effetto della crisi economica e dei fenomeni di mobilità spaziale.

Il contesto di San Berillo pone in evidenza i problemi legati all’abbandono e al degrado fisico di un’area della città di Catania, un caso di marginalizzazione urbana nel cuore del centro storico. Il quartiere posto a cerniera tra il centro storico e la stazione ferroviaria, in un’area strategicamente centrale, si presenta oggi come frammento residuo dell’operazione di demolizione e di ricostruzione avviata nel 1950 e conclusa nel 1960 attraverso il Piano di risanamento portato avanti dall’ISTICA (Istituto Immobiliare Catania). Il progetto, espressione di un lungo dibattito storico riguardo le condizioni di insalubrità e di degrado in cui versava il quartiere, si concretizzò nell’espropriazione e demolizione di buona parte del caseggiato, con il fine di realizzare un rettifilo che collegasse il centro cittadino con la stazione ferroviaria e nella realizzazione di un’area con funzioni direzionali e dedicata ad attività terziarie. Il risultato è stata la divisione della zona in due aree: da un lato il volto moderno e produttivo della città che espone il suo centro economico e finanziario, dall’altro la configurazione residua del vecchio quartiere, non interessato dai lavori di demolizione, negli anni sempre più dequalificato e abbandonato al degrado. Ma l’azione progettuale nel quartiere non si conclude negli anni dello sventramento, le problematiche legate al fenomeno della prostituzione, al progressivo abbandono degli edifici e delle attività, all’incompiutezza delle costruzioni in alcune aree, pongono ancora oggi questo spazio al centro di piani di intervento e risanamento. Il piccolo frammento del quartiere non interessato dall’operazione di demolizione e ricostruzione, oggi chiamato Vecchio San Berillo, negli anni è diventato il luogo di accoglienza degli “invisibili”: migranti, sex workers, clochard. I suoi confini ben definiti da rappresentazioni mediatiche e cartografiche lo separano dal resto del centro storico e consolidano la rappresentazione di un luogo scomodo, enfatizzando i tratti del degrado, del rischio sociale e della criminalità. L’abbandono delle proprietà ha causato nel tempo crolli e cedimenti, minacciando la tenuta strutturale di molte costruzioni. Una forte stigmatizzazione legata al fenomeno della prostituzione e all’arrivo di migranti stranieri supporta la definizione di una questione di sicurezza da affrontare in termini di governo del territorio con un nuovo intervento di risanamento e repressione, intrappolando così la visione dei problemi nella dicotomia decoro/degrado urbano.

La possibilità di scardinare questa trappola discorsiva, con i suoi riflessi politici, richiede di leggere e attraversare questo luogo considerato scomodo, evidenziando la trama prodotta dall’intreccio costante tra elementi materiali e immateriali, per riconnettere la città della pietra con la città delle persone. Il progetto Trame di quartiere rappresenta il risultato di un lungo percorso di condivisione e di relazione con i soggetti che abitano il quartiere di San Berillo, con i quali sono stati realizzati lavori di ricerca (mappatura di comunità, indagini etnografiche, raccolta di storie di vita), momenti di animazione territoriale (feste di quartiere, spettacoli teatrali, proiezioni), forme di aggregazione politica come nel caso della costruzione del comitato di quartiere “Cittadini attivi San Berillo”. La realizzazione del progetto e la nascita dell’associazione, come gruppo operativo e progettuale, rispondono all’esigenza di dare continuità e sostenibilità a questa presenza nel quartiere strutturando attività permanenti e sperimentando nuovi modelli di riuso degli spazi abbandonati. La tensione tra valore d’uso e valore di scambio dello spazio mostra come il coinvolgimento delle comunità locali e le rappresentazioni culturali che queste hanno dei luoghi sono gli elementi mancanti dei processi di trasformazione degli spazi urbani (Vicari Haddock, Moulaert 2009). Nel tentativo di dimostrare che i valori culturali e le pratiche sociali delle comunità locali possano essere fonti di rigenerazione, il lavoro di Trame di quartiere ha evidenziato come la progettazione e il recupero di spazi abbandonati rappresentino un interessante strumento di mobilitazione e investimento sociale, se finalizzato a rigenerare o costruire nuove relazioni tra individui e territorio. Il costante riferimento alle interazioni quotidiane e alle rappresentazioni che hanno gli abitanti di un quartiere ha consentito di individuare il rapporto che esiste tra le pratiche convenzionali, gli aspetti formali e i momenti più intimi, gli atteggiamenti privati e individuali, i vissuti. Per questo motivo le forme operative che in questa sede si è scelto di analizzare attraversano le strade, i vicoli, i cortili, le case, non potendo basare un progetto restando al di fuori e calandosi dall’alto: uno sguardo perpendicolare non avrebbe consentito la comprensione di una realtà complessa, multiforme e cangiante come quella di San Berillo.

Abitare la città: dalla narrazione alla trasformazione degli spazi

Ripensare la città ampliando gli elementi di riferimento significa riconoscere nelle pratiche urbane, nelle significazioni dal basso e nella dimensione simbolica degli spazi categorie interpretative dotate di progettualità. Il primo passo verso questa prospettiva è rappresentato dal tentativo di osservare e studiare la città non come fatto unico e assoluto che esclude tutti gli aspetti non considerati propriamente urbani, piuttosto come coacervo di differenze che si esprimono nei contesti di vita e gli danno forma. Questo approccio tende a decostruire la tendenza razionalistica dei pianificatori territoriali, nello studio e nella progettazione dei grandi sistemi urbani, che ha progressivamente valutato la città come una “tabula rasa”. Il secondo passo è stato quello di rendere disponibile uno spazio di racconto e di reciproca conoscenza all’interno del quartiere, stimolando l’utilizzo della narrazione come rappresentazione dei significati prodotti in un contesto e pratica sociale di azione sullo spazio. Questi due passaggi descrivono i termini di riferimento delle attività promosse da Trame di quartiere, nella proposta di un’azione di promozione e coinvolgimento degli abitanti che parte dalla narrazione delle storie e delle trasformazioni urbane, per arrivare a produrre progettualità sul riuso di spazi abbandonati e il miglioramento della qualità dell’abitare.

Le attività svolte nei laboratori di Web serie Doc e di Teatro sociale hanno offerto, nel triennio di realizzazione del progetto dal 2016 al 2018, uno strumento utile per comprendere da vicino la complessità del quartiere e promuovere occasioni pubbliche di conoscenza di questa articolata realtà. Il laboratorio di video documentazione ha prodotto una web serie[2] che utilizza una piattaforma digitale di comunicazione per essere aperta e accessibile gratuitamente. Il video diventa uno strumento per creare un dialogo costante sulle problematiche del quartiere, invitando alla discussione attori diversi che possono proporre domande o avanzare risposte. L’obiettivo è offrire uno spazio pubblico di discussione e rivisitazione dei contenuti, invitando a riflettere sulla rigenerazione del quartiere e il suo futuro. La progettazione utilizza il video come strumento di interpretazione e di relazione, per lanciare delle proiezioni di possibilità ma anche un confronto reale tra queste. Nel secondo caso attraverso un lavoro di drammaturgia di comunità sono stati coinvolti abitanti e soggetti esterni nel mettere a nudo le contraddizioni che in un contesto come San Berillo emergono. L’esperienza condotta dal laboratorio di teatro è stata utile come forma di rappresentazione e manipolazione dei conflitti che un processo di rigenerazione urbana mette in gioco, innescando forme di marginalizzazione e di oppressione.

In questa sede si vuole dare spazio al racconto e all’analisi del processo di coinvolgimento e di attivazione prodotto dai due laboratori, che ha consentito di costruire strumenti permanenti di promozione, discussione e progettazione all’interno dell’associazione. Rinviando ad altri contributi pubblicati[3] l’approfondimento sugli approcci e l’esperienza che i laboratori hanno realizzato, intendo concentrare l’attenzione su due attività sperimentali che animano il quartiere e permettono al percorso di Trame di quartiere di continuare la sua strada.

Il lavoro di raccolta di storie, documenti, foto e articoli che raccontano la storia del quartiere è stato realizzato grazie ad una ricerca che ha coinvolto diversi soggetti che hanno una relazione con San Berillo. L’intento è stato quello di avviare un’opera di documentazione in cui tenere insieme materiali di archivio, progetti urbanistici e la voce viva dei suoi abitanti, quindi i racconti di vita che racchiudono ricordi, sentimenti e punti di vista sul quartiere San Berillo. Il vero obbiettivo non è, però, quello di raccogliere per conservare, ma di rendere fruibile e creare aggregazione attorno a questi materiali, quindi utilizzare uno spazio fisico come luogo di narrazione, esposizione e discussione in cui creare connessioni tra la storia e i progetti sul futuro del quartiere. Con questo obbiettivo si sono sviluppate due attività: l’allestimento di uno spazio espositivo e di racconto denominato “NarrAzioni” e la realizzazione di passeggiate urbane pubbliche “Via Vai” in cui gli abitanti guidano alla conoscenza del quartiere.

NarrAzioni rappresenta una prima forma di elaborazione di tutto il materiale prodotto dalle ricerche e dai laboratori realizzati, con il fine di promuovere la conoscenza territoriale e stimolare un dibattito costante sulle questioni legate all’abitare, alla rigenerazione urbana e alla marginalizzazione del quartiere. Interviste, mappe urbanistiche, documenti di archivio, foto, video, racconti orali sono stati elaborati all’interno di un’esposizione e in percorso multimediale finalizzato a rendere pubblica la storia del quartiere sia per soggetti esterni che non conoscono San Berillo sia per una maggior consapevolezza di chi oggi lo abita. La possibilità di conoscere quali eventi e quali trasformazioni ha subito il tessuto sociale e urbano del quartiere, quali elementi lo caratterizzavano prima dello sventramento degli anni ‘50 e quali questioni oggi si affrontano, incrementa le occasioni di confronto tra gli abitanti e stimola i soggetti ad azioni di cura e di miglioramento. La narrazione diventa sia canale di comunicazione in cui l’abitante ha la possibilità di essere il soggetto narrante sia strumento di azioni trasformative che nell’atto del narrare diventano progettualità. Il lavoro di ascolto e analisi rivolto alle narrazioni ha reso possibile indagare la dimensione espressiva delle pratiche e le strategie di costruzione dell’identità, entrambi elementi che entrano in gioco nei rapporti tra forme di rappresentazione e le memorie. In questo percorso si è condivisa la tendenza verso una prospettiva critica e de-essenzializzante dei meccanismi di costruzione della tradizione e dell’identità, che non cerca di cogliere identità sostanziali e non è interessata ai fatti, piuttosto mira a cogliere le strategie politiche e le poetiche di costruzione della fattualità (Palumbo 2003).

Nell’organizzazione delle passeggiate urbane, denominate “Via Vai”, abitanti, operatori e lavoratori che vivono San Berillo hanno il ruolo di definire percorsi di esplorazione attraversando strade, piazze, cortili e vicoli ed esprimere il proprio punto di vista sui luoghi. La passeggiata diventa occasione di conoscenza e confronto all’interno del quartiere, con l’obbiettivo di contrastare una forma invasiva di turistificazione nella quale la valorizzazione del patrimonio contribuisce a marginalizzare ed essenzializzare rappresentazioni culturali e pratiche informali. Il camminare come pratica di appropriazione degli spazi della città diventa occasione di socialità e condivisione sui problemi, i conflitti, le progettualità che animano la vita quotidiana del quartiere. Lo spazio attraversato e vissuto incorpora nei soggetti la realtà di particolari significati che ad esso vengono associati, includendo non solo l’attualità ma anche l’immaginazione e il ricordo. Uno degli aspetti più importanti di questa modalità di coinvolgimento è la possibilità di seguire i percorsi che gli informatori realizzano nella loro vita quotidiana, affrontarli insieme, partecipando ai loro movimenti e ai loro commenti. Camminando insieme non solo è possibile attivare un’osservazione dei percorsi effettuati dai soggetti che conducono la passeggiata, ma anche ascoltare le loro impressioni e le loro storie e catturare un flusso di percezioni, emozioni e interpretazioni.

Conoscenza e azione nelle pratiche di cambiamento urbano

Sembra opportuno analizzare le innovazioni operative e progettuali che l’esperienza di Trame di quartiere sta sperimentando, riflettendo sulla relazione tra conoscenza e azione e sulle reciproche implicazioni nell’antropologia. La riflessione sulle prospettive applicative e sulla dimensione pubblica dell’antropologia non può prescindere dalla comprensione dei rapporti tra la sfera della ricerca e la sfera dell’azione. Il riferimento di questa analisi è rivolto al ruolo del progetto, da comprendere sia come strumento di un sapere tecnico ed esperto, sia rispetto agli aspetti processuali delle progettualità che individui e gruppi sociali promuovono. Il ruolo fondamentale dell’antropologia in un progetto sociale e urbano come quello condotto da Trame di quartiere non si è limitato ad applicare i risultati della ricerca etnografica, muovendosi lungo una sequenza ordinata di momenti successivi: prima conosco e poi agisco. Il posizionamento all’interno del quartiere si è caratterizzato per un’inclinazione dialogica e implicata con gli abitanti e gli operatori presenti. L’osservazione partecipante come metodo e strumento di lavoro sul campo conduce allo studio non tanto di rappresentazioni o atteggiamenti ma di azioni sociali, o meglio di persone che agiscono all’interno di un contesto di vita. L’esperienza di ricerca prevede un coinvolgimento partecipativo del ricercatore per cogliere il “punto di vista dell’indigeno”. Il dibattito che ha interessato l’osservazione partecipante come metodo ha rivelato un certo paradosso (Fabietti 1999) riguardo alla contemporanea posizione che il ricercatore assume nei confronti del suo oggetto di studio. Per osservare è necessario mantenere una distanza che nello stesso tempo deve ridursi per permettere la partecipazione diretta del ricercatore. Una nuova prospettiva che vede l’osservazione partecipante come dialettica di esperienza e interpretazione permette di considerare le conoscenze in campo antropologico come prodotto di una conoscenza tanto dell’oggetto osservato, quanto del soggetto osservante. Questa inclinazione dialogica si è sviluppata seguendo un modello di engaged anthropology, che secondo Setha Low (2011) si sviluppa nella costruzione di una collaborazione consapevole all’interno del contesto, supportando una maggiore consapevolezza dei significati che i soggetti producono o associano ad uno spazio.

Lo studio dei processi culturali nello spazio urbano non rappresenta soltanto uno sforzo erudito, ma offre le basi dell’attivismo nel quartiere per stimolare forme di opposizione e progettazione contro gli interventi di pianificazione e normalizzazione che hanno la capacità di distruggere la vita sociale, cancellare i significati legati ai luoghi e limitare la partecipazione. La proposta di Trame di quartiere, nel tentativo di intrecciare ricerca e azione, focalizza l’attenzione sulle pratiche dello spazio e sul ruolo determinante che queste svolgono nella costruzione della città. Nonostante spesso si associano più facilmente all’informalità, le pratiche dello spazio identificano le modalità di adattamento e di appropriazione di spazi che diventano luoghi abitati, come espressione di un potere trasformativo che risiede nella possibilità che gli individui hanno di inscriversi nel territorio, quindi comunicare la propria esperienza. La città non è data solo da un processo costruttivo di spazio fisico ma è il frutto di un continuo adattamento e di appropriazione di spazi che si trasformano in luoghi abitabili. Viene quindi posta in evidenza la capacità delle pratiche urbane di mettere in connessione le dimensioni fisiche e materiali e quelle culturali, simboliche e più generalmente immateriali (Cellamare 2008). In questo senso si sceglie una prospettiva che tenta di recuperare il punto di vista di chi vive e abita la città, e non solo uno sguardo dall’alto di chi disegna gli spazi. Le pratiche disegnano la città, intessono relazioni e creano valori simbolici, mostrandosi come tattiche di risposta alle dinamiche e alle politiche urbane (De Certeau 1980) e costituiscono il prodotto di azioni fondate sulla materialità del fare, in cui la fase del progetto segue e si intreccia con la sua realizzazione. Making per Ingold (2013) indica un’attività di creazione in cui progetto e azione condividono le stesse dimensioni spaziali e temporali.

La conoscenza, intesa come ricerca, e l’azione, che in questo caso riflette sia le pratiche dei soggetti sia gli strumenti di intervento che dentro il contesto si sviluppano, non possono essere considerate, nell’esperienza di Trame di quartiere, aspetti o momenti diversi di lavoro. La forma di conoscenza più utile per l’azione viene prodotta durante l’azione, dagli attori stessi che vi sono impegnati. L’interazione si sviluppa nella reciprocità del racconto e dell’apprendimento, della comprensione e della trasformazione. L’esperienza ha prodotto in questo caso un progetto, quindi un contenitore dentro cui reperire risorse per realizzare attività che hanno degli obiettivi. Ma il progetto dentro il contesto di San Berillo, in termini di sfida per una rigenerazione urbana del quartiere, si presenta come sistema aperto (Sennet 2018) in cui non esiste un traguardo prefigurato, ma attraverso il processo si forgia il risultato finale.

Le domande che la rigenerazione urbana solleva da un punto di vista sociale, economico e urbanistico sono complesse e chiedono di essere affrontate a partire sia da prospettive disciplinari diverse, sia da un intreccio tra sapere professionale e sapere locale. È con questa attitudine esplorativa che, partendo da un’analisi delle pratiche dello spazio e delle rappresentazioni di chi abita e vive San Berillo, il progetto Trame di quartiere sperimenta in che modo lo spazio dismesso può funzionare da magnete di energie sociali presenti nel territorio, per contrastare azioni di displacement e potenziare le capacità progettuali di individui e comunità.

Bibliografia

Cellamare, C. 2008. Fare Città. Pratiche urbane e storie di luoghi. Milano. Elèuthera.

Crosta, P. L. 1992. Politiche. Quale conoscenza per l’azione territoriale. Milano. Franco Angeli.

De Certeau, M. 1980. L’Invention du Quotidien. Vol. 1, Arts de Faire. Paris. Union Générale d’éditions. Trad it L’invenzione del quotidiano. Roma. Edizioni Lavoro. 2010.

Fabietti, U. 1999. Antropologia culturale. L’esperienza e l’interpretazione. Bari. Laterza Editori.

Hannerz, U. 2001. La diversità culturale. Bologna. Il Mulino.

Ingold, T. 2013. Making. Anthropology, Archaeology, Art, Architecture. London. Routledge.

Lo Re, V. 2013. «Pratiche e rappresentazioni dello spazio nel quartiere San Berillo di Catania. Un progetto di mappatura», in Urban Cultural Maps. Condividere, partecipare, trasformare l’urbano. D’Urso A., Reina G., Reutz-Hornsteiner B., Ruiz Peyré F. (a cura di). Catania. CUECM: 169-182.

Lo Re, V. 2018. L’informalità del cambiamento urbano. Pratiche e progettualità dell’abitare nel quartiere San Berillo di Catania. Cambio. Rivista sulle trasformazioni sociali. 8 (15): 99-112.

Low, S. 2011. Claiming Space for Engaged Anthropology: Spatial Inequality and Social Exclusion. American Anthropologist. 113 (3): 389–407.

Low, S. 2017. Spatializing Culture. The ethnography of space and place. New York. Routledge.

Palumbo, B. 2003. L’Unesco e il campanile. Antropologia, politica e beni culturali in Sicilia orientale. Roma. Meltemi editore.

Scandurra, E. 1997. Città del terzo millennio. Roma. La Meridiana.

Sennet, R. 2018. Costruire e Abitare. Etica per la città. Milano. Feltrinelli.

Signorelli, A. 1996. Antropologia urbana. Introduzione alla ricerca in Italia. Milano. Edizioni Guerini.

Vicari Haddock, S., Moulaert, F. 2009. Rigenerare la città. Pratiche di innovazione sociale nelle città europee. Bologna. Il Mulino.



[1] Il progetto Trame di quartiere ottiene nel 2015 un grant project dal Bando Boom Polmoni Urbani promosso dai parlamentari dell’Assemblea Regionale Siciliana per la realizzazione di tre progetti di rigenerazione urbana in Sicilia. Durante l’esperienza progettuale, nel 2016 il gruppo promotore decide di costituirsi in associazione di promozione sociale con l’obbiettivo di formalizzare il gruppo operativo e continuare le attività dopo la fine del triennio previsto dal progetto finanziato.

[2] San Berillo Web serie Doc è visualizzabile nel canale You tube di Trame di quartiere.

[3] Per una descrizione approfondita riguardo l’esperienza e gli approcci dei laboratori realizzati nel progetto Trame di quartiere si rinvia all’articolo: Trame di quartiere, 2017, Costruire trame, intrecciare percorsi: pratiche artistiche di rigenerazione urbana per tutte/i, Roots§Routes, 24.