#Call for Forum

Antropologia Pubblica (AP), Rivista della Società Italiana di Antropologia Applicata (SIAA)

Public Anthropology (AP), Journal of the Italian Society of Applied Anthropology (SIAA)

AP n. 1-2/2023

https://riviste-clueb.online/index.php/anpub

 

Precarizzazione delle sfere della vita, lavoro accademico e professionalizzazione dell’antropologia: autoetnografie ed etnografie retrospettive a confronto.

Carolina Vesce
Università degli studi di Siena

Irene Falconieri
Università di Messina

 

Bersaglio dei dispositivi di precarizzazione generati da un trentennio di riforme, (almeno) una generazione di lavoratrici e lavoratori della conoscenza – spesso portatrici/ori di alto capitale culturale/scolastico e sociale e di basso capitale economico – impiegate/i con contratti atipici all’interno e all’esterno delle Università italiane è da tempo al centro del dibattito pubblico, politico e scientifico sulla precarietà.

Alla pressurizzazione degli ambienti accademici, entro i quali si è costantemente esposte/i a regimi di performatività e imprenditorializzazione del lavoro intellettuale, ha fatto da contraltare la mappizzazione delle traiettorie lavorative nei mondi della conoscenza, in conseguenza delle riforme in campo universitario, finanziario, pensionistico e dei sistemi di welfare in generale. L’impossibilità di fare affidamento esclusivo sulle risorse derivanti dal lavoro accademico ha prodotto le condizioni per cui, da un certo momento in poi, è divenuto sempre più difficile “strappare lungo i bordi” che delineavano i profili lavorativi ed esistenziali degli antropologi e delle antropologhe fino ancora agli anni ’90 del Novecento.

Appare evidente, ormai, come le forme di precarizzazione del lavoro intellettuale consolidatesi negli ultimi trent’anni impattino in molti modi sui vissuti individuali: coinvolgono la sfera relazionale e affettiva, “segnano” i corpi e l’idea di benessere; modellano spazi e pratiche dell’abitare; informano gli immaginari sui futuri possibili; determinano gli investimenti nelle politiche dello spazio/tempo anche in relazione alle procedure burocratico-istituzionali di arruolamento; delineano i confini e i contenuti dell’impegno politico e delle pratiche di attivismo; orientano le ideo-logiche e i modelli organizzativi dell’associazionismo di settore; riproducono, talvolta forse ridefiniscono, le gerarchie inter- e infra-generazionali.

Sebbene le scienze sociali, compresa l’antropologia, abbiano indagato qualitativamente le diverse stratificazioni dei processi di precarizzazione dei/nei mondi universitari, della formazione e della ricerca (Loher, Strasser 2019; Platzer, Allison et al. 2018; Palumbo 2013, 2018), collocandosi talvolta all’intersezione tra campo accademico, campo politico e campo intellettuale (Morini 2010, Coin et al. 2017) sembra mancare in questo dibattito una postura dichiaratamente etnografica che indaghi i vissuti delle lavoratrici e dei lavoratori della conoscenza.

 

Obiettivo principale del Forum è quello di riflettere sulla processualità insita nella condizione precaria, intesa come “spazio” al contempo simbolico e materiale, che si dilata e si densifica coinvolgendo le diverse sfere dell’esistenza. Tessere un racconto corale che, a partire dalle esperienze dei singoli, analizzi la precarietà come un processo ci consente di spostare lo sguardo dalla dimensione politico-ideologica, che ha spesso orientato il dibattito su questi temi, alle pratiche concrete dei soggetti precari. L’intento non è quindi quello di inaugurare un nuovo contenitore di confronto/scontro, ma di indagare etnograficamente i vissuti di precarietà nei mondi dell’antropologia per comprenderne la portata sociale e politica, anche in riferimento alle forme di dipendenza normalizzata tematizzate in letteratura entro i quadri concettuali della “economia della promessa” e della “trappola della passione” (Bascetta 2015; Murgia, Poggio 2014).

 

Il Forum è aperto agli interventi di soggetti che occupano posizioni diverse, in campo accademico e nel mondo delle professioni: rtd-a e b, assegnisti, borsisti, contrattisti, docenti a contratto, ex-precari oggi strutturati, professionisti/e, ricercatori/ricercatrici indipendenti. Le autrici e gli autori sono invitati a discutere i temi sopra delineati attraverso autoetnografie ed etnografie retrospettive. Si tratta, in quest’ultimo caso, di riflettere sulla “esperienza-e-basta” (Piasere 2002: 49) della precarietà per indagarne l’impatto concreto sulle diverse sfere della vita dentro e fuori i mondi universitari.

Attingendo a piene mani dalle sollecitazioni di Leonardo Piasere, chiediamo di compiere un percorso “ai confini dell’etnografia, in quel luogo di frontiera, nel senso di ambito sfumato, in cui si può scivolare gradatamente da un’avventura esperienziale a un’avventura di esperienza etnografica” (ibid). L’idea è di interrogare etnograficamente la “memoria biografica”, producendo un “esperimento di pensiero su materiale da tempo interiorizzato, da tempo lasciato «macerare» nei propri ricordi e nel proprio corpo” (Piasere 2002: 53).

A titolo esemplificativo, ma non esaustivo, le/i proponenti sono invitate/i a riflettere sulle proprie esperienze a partire da una o più delle seguenti sollecitazioni:

 

  1. L’instabilità lavorativa agisce su piani diversi e stratificati: può acuire i rapporti di dipendenza, può condizionare i rapporti di coppia consolidati e incrinare le possibilità concrete di costruire nuove relazioni; può gravare sulle scelte di genitorialità, orientare i desideri, frenare i progetti di vita lungo traiettorie che assumono contorni diversi in base al genere, alla classe sociale, al reddito, ai luoghi più o meno egemonici o periferici di provenienza, formazione e occupazione. In che modo esperire una prolungata condizione precaria si riverbera sulla sfera affettiva e familiare e sulla vita di relazione in generale?
  2. Un persistente senso di inadeguatezza, di ansia, di stress o di stanchezza cronica, quando non di conclamata malattia sono alcune delle modalità attraverso cui si produce e si manifesta un’esperienza “naturalizzata” dei dispositivi di precarizzazione (burn-out, visione deficitaria del sè per cui “c’è sempre un pezzo che manca”). In che modo la precarietà agisce e si inscrive sui corpi e sulla percezione del sè?
  3. In che modo i processi di precarizzazione impattano sui vissuti domestici e i modi del fare casa, in relazione tanto ai regimi di stanzialità, quanto agli spazi della mobilità? In che modo orientano le pratiche di consumo, i regimi alimentari, le scelte relative alla convivenza/indipendenza, i modi di fare casa fuori casa, ecc.?
  4. Quali smottamenti produce un vissuto di precarietà sulle traiettorie che definiscono le politiche del tempo (e del tempo che manca) e sulla possibilità di immaginare scenari di vita futuri? Qual è il suo impatto sulle scelte relative ai campi su cui gli antropologi e le antropologhe conducono le proprie ricerche?
  5. Sono sempre più frequenti anche in ambito antropologico le ricerche engaged in cui il perseguimento di obiettivi sociali si piega alle esigenze di produttività, performatività ed efficienza. Si tratta di una sovrapposizione che rischia di produrre un pericoloso cortocircuito, intorpidendo da un lato il piano dell’impegno pubblico – necessariamente vincolato agli obiettivi dell’etnografia – e plasmando dall’altro l’etnografia stessa a partire dal posizionamento etico-politico delle ricercatrici/dei ricercatori. Ciò si riverbera anche sulle politiche associative e sulle possibilità di sviluppare sentimenti e pratiche di adesione alla comunità scientifica di riferimento. In che modo la condizione precaria entra in relazione con e definisce le forme e gli spazi dell’impegno politico e sociale, così come dell’associazionismo di settore?

 

I/le proponenti sono invitati/e a manifestare il loro interesse a partecipare al Forum inviando alle curatrici e alla redazione di AP un abstract e un breve profilo biografico dell’autore/trice entro il 30 settembre 2022. I contributi accettati, compresi tra le 3000 e le 5000 parole, dovranno essere inviati alla redazione di AP entro il 28 febbraio 2023.

 

Contatti

Curatrici: carolina.vesce@gmail.com irene.falconieri@gmail.com

Redazione AP: antropologiapubblicaredazione@gmail.com 

 

Bibliografia essenziale

Bascetta, M. (ed). 2015. Economia politica della promessa. Roma. Manifestolibri.

Coin, F., Giorgi, A., Murgia, A. (eds). 2017. In/disciplinate: soggettività precarie nell’università italiana. Venezia. Edizioni Ca’ Foscari.

Strasser, S., Stoica, G., Loher, D. (eds). 2019. Special Issue on Politics of precarity: Neoliberal academia under austerity measures and authoritarian threats, Social Anthropology 27(2): 1-117.

Morini C., 2010, Per amore o per forza. Femminilizzazione del lavoro e biopolitiche del corpo, Verona, OmbreCorte.

Murgia, A., Poggio, B. 2014. «At Risk of Deskilling and Trapped by Passion: a Picture Of Precarious Highly Educated Young Workers in Italy, Spain and the United Kingdom», in Young People and Social Policy in Europe: Dealing with Risk, Inequality and Precariousness in Times of Crisis. Antonucci, L., Hamilton, M., Roberts, S. (eds). London. Palgrave: 62-86.

Palumbo B., 2013, Message in a bottle. Etnografia e auto etnografia del campo accademico antropologico in Italia, La Ricerca Folklorica, 67/68, pp. 169-194.

Palumbo B., 2018, Lo strabismo della dea. Antropologia, accademia e società in Italia, Palermo, Museo Marionette A. Pasqualino.

Piasere L., 2002, L’etnografo imperfetto. Esperienza e cognizione in antropologia, Bari-Roma, Laterza.

Platzer, D., Allison, A. (eds). 2018. Academic Precarity in American Anthropology: a forum. Cultural Anthropology, feb-may 2018.

https://culanth.org/fieldsights/series/academic-precarity-in-american-anthropology-a-forum